>>52131>un corpus di pensieri orientati alla critica dell'imposizione della verità da parte di regimi totalitari (ho spulciato qualcosa della scuola di francoforte).Ma no anon, evidentemente hai spulciato pochissimo. Partendo da Adorno e Horkheimer si parla perlopiù di media occidentali, la critica su cinema e musica pop è ancora validissima ed è totalmente orientata all'analisi di ciò che viene prodotto in USA e Europa.
Ti consiglio di approfondire la questione.
>Posso vedere un collegamento solo nella possibilità che il media venga "saturato" a discapito del pluralismoConsiderando il pluralismo come qualcosa a cui tendere, e non un valore numerico, è comunque positivo che i canali si moltiplichino imho, ma ci sono molte logiche da tenere presenti, ne parlo sotto.
>Mettendo l'accento sul modo "on demand" di fruizione del media, a questo punto, mi viene da pensare che non si possa parlare di una saturazione imposta ma di un sistema che cerca l'equilibrio sotto forma di bilanciamento di forze per lo più economiche (certi contenuti sui media vendono, altri di meno)Questo era esatto fino a una quindicina d'anni fa, poi il pourpose marketing ha reso evidente che per resistere nel lungo periodo è necessario (proprio nel senso di non opzionale) proporre dei valori e trasferirli nei prodotti. A quel punto tutti i prodotti devono adattarsi.
Nota bene: come puoi notare non sto dando giudizi negativi o positivi a tutti questi fenomeni.
>In finale, visto che è sempre possibile reperire media di qualsiasi orientamento, non credo si possano applicare le teorie storiche nell'analisi dei media correnti e ne servono di nuove, visto che l'esposizione non è controllata dall'alto ma è a scelta dell'utente.Credo che tu stia idealizzando il concetto di scelta.
Se alcuni valori, alcune idee e alcuni assunti (per motivi anche razionali, anche squisitamente economici) vengono sostenuti economicamente e politicamente dal sistema di produzione dei contenuti (che è letteralmente composto da meno di dieci corporazioni) quesi contenuti avranno una quantità, una qualità e un'onnipresenza di contenuti da mandare avanti solo quei valori e quelle idee.
Con ogni probabilità manderanno avanti quei valori criticando altre idee e altri valori, o mettendone in evidenza delle fallacie. E il pubblico avrà quindi molti più elementi per confarsi a quei valori.
Voglio qui far riflettere sul fatto che anche la logica on demand non vede affatto lo spettatore al comando, in quanto gli elementi tra cui scegliere sono comunque stati prodotti da una ristrettissima cerchia di persone, con logiche che lo spettatore ignora.
>Da questo punto di vista, parlare di teoria dell'esposizione mi pare fallace, visto che da un lato è possibile accedere un po' a tuttoNon a tutto, solo a ciò che viene ideato, finanziato e prodotto da una ristretta cerchia di persone.
È la stessa differenza tra musica pop e musica popolare: la musica popolare è veramente bottom-up, si crea(va) in alcuni ambienti popolari e si espande(va) di bocca in bocca, senza passare da un mezzo di comunicazione di massa e senza quindi venire necessariamente trasfigurata da esso.
Per la musica pop è il contrario, può anche partire dal basso (ma non è affatto detto) e dopo un necessario passaggio nel sistema di produzione viene somministrata alla grande massa da dei mezzi di comunicazione.
È evidente che in questo secondo caso c'è un rapporto asimmetrico dove chi produce ha le chiavi del sistema e la possibilità di scelta, l'utente ha come unica scelta quella di fruire dei mezzi di comunicazione o di non fruirne.
Sì ci sono sfumature in tutto questo, è evidente. Voglio solo far presente che crescere sotto il quotidiano presentarsi di alcune tipologie di modelli (anche sessuali) forma evidentemente una normalità di alcune cose che prima non lo erano, con una conseguente adesione statistica maggiore a tali modelli.
Ripeto: non sto dando accezioni positive o negative a tutto questo.
Consiglio il libro in pittura per avere dati precisi. Prende in esame (molto marginalmente, è un testo universitario che parla di molto altro) anche il ruolo che può aver avuto il cinema nel boom del travestitismo.